Il tango sociale : “Yo soy el tango”

Yo soy el tango

Storie di tanghi : Yo soy el tango e il tango sociale

Il tango nacque nei prostibulos (bordelli), nelle periferie portene, negli alloggi popolari, nei conventillos tra persone che vivevano ai margini della società (“orillas”). E solo all’incirca negli anni 20 del XX secolo uscì da queste zone povere e popolari per conquistare i cabaret del centro di Buenos Aires. Gli mancava solo di entrare negli esclusivi (come entrata) club sociali della città, come Villa Malcom per esempio, e ci riuscì nella seconda metà degli anni 30 del 900, non però “indossando gli stessi abiti” (calzando las misma pilcha) del cabaret o delle “orillas”. Il tango dovette inevitabilmente trasformarsi per diventare “sociale” e questo adattamento non fu semplice.
Difatti, le istituzioni dei club erano un territorio regolato da norme sociali rigide, con scopi moralizzanti, che puntavano a sostemere una forte aggregazione sociale. Queste regole tendevano a creare legami sociali sia all’interno del club, sia, attraverso i suoi soci e partecipanti, nel barrio in cui questi club operavano. Con queste premesse la reputazione che si portava appresso il tango come proveniente da ambienti dissoluti non aveva spazio all’interno del club.
A quei tempi ogni club per poter organizzare serate danzanti aveva bisogno di un permesso della Comision Directiva della città che autorizzava o meno le cosiddette “veladas danzantes” a cui non potevano partecipare tutti coloro che avevano voglia di ballare. Vi era una sorta di selezione all’entrata e i metodi per filtrare i frequentatori consistevano in una serie di espedienti particolari e quantomeno arbitrari. Ad esempio l’incaricato di staccare il biglietto poteva essere autorizzato ad aumentare a suo piacimento il prezzo dell’entrata se la persona poteva essere non grata. Oppure le serate danzanti ufficiali dei club potevano avere dei prezzi abbastanza alti che chi proveniva dagli ambienti poveri della periferia non poteva permettersi, evitando in tal modo infiltrazioni di elementi indesiderabili. Alla fine lo scopo era quello di tenere fuori dal club galeotti, papponi, prostitute, borseggiatori, ladri, criminali, tutti i tradizionali personaggi della mitología tanguera.
Uno dei tanghi più famosi che descrive al meglio questa trasformazione fu “Yo soy el tango”, scritto da Homero Exposito e musicato da Domingo Federico. In pochi versi è condensata l’evoluzione, anche sofferta, di questo passaggio da “tango de los descalsados”, proveniente dalla periferia popolare (arrabal) a tango sociale ballato anche nei club esclusivi dei barrios cittadini.

Soy el tango milongón
nacido en los suburbios
malevos y turbios.
Hoy que estoy en el salón
me saben amansado
dulzón y cansado,

Pa´ qué creer
pa´ qué mentir
que estoy cambiado
si soy el mismo de ayer,

Escuchen mi compás
¿no ven qué soy gotán?
Me quiebro en mi canción
como un puñal de acero
pa´cantar una traición.
Me gusta compadrear
soy reo pa´ bailar.
Escuchen mi compás,

Yo soy el viejo tango
que nació en el arrabal,

Hoy,
que tengo que callar
que sufro el desengaño
la moda y los años.
Voy,
costumbre de gotán,
mordiendo en mis adentros
la rabia que siento
Pa´qué creer
pa´ qué mentir
que estoy cambiado,
si soy el mismo de ayer

Umberto El Prince TDJ

Fonti
https://journals.openedition.org/nuevomundo/55183

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